Come eravamo
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La storia
Come quelle di Rio e di Campo, la Marina di Marciana nasce tra il XVII e il XVIII secolo per sdoppiamento dei paesi collinari più antichi. Da Marciana e da Poggio viene il primo nucleo delle sua popolazione che, nel tempo, accolse altre genti in un quadro ricco di contatti soprattutto con la Liguria, la Corsica, la Campania, la Sicilia e la vicina costa toscana. Oggi è uno dei più piccoli comuni toscani e penultimo fra gli italiani, con un’estensione territoriale di 5 kmq e 1900 abitanti.
Le relazioni con il continente e le altre isole mediterranee si perdono nei secoli, l’Elba è stata strategica nelle rotte mediterranee fin dai tempi più antichi. Le flottiglie di barche coralline e da pesca provenienti dal Mezzogiorno frequentavano stagionalmente le acque dell’ Arcipelago Toscano e trovano a Marina di Marciana un importante punto d’appoggio. Si sviluppò presto la cantieristica navale. Con la Corsica e particolarmente con la Liguria si svilupparono rapporti sempre più stretti per l’esportazione del vino.
Sul finire del secolo XVIII il borgo è già tanto esteso da unire il promontorio del Cotone con la Torre della Novaglia (degli Appiani). Cresce ancora nella prima metà dell’Ottocento in seguito al dinamismo del ceto imprenditoriale i cui interessi hanno come orizzonte il mare. Esperti costruttori navali realizzano velieri di ottima fattura che viaggiano in tutto Mediterraneo, fino al Mar Nero, al Mar d’Azov, al Mare del Nord e sulle rotte oceaniche. Alla metà del secolo la Marina di Marciana possiede ventidue bastimenti a vela quadra, sui quarantanove complessivi del resto dell’isola e conta circa mille marinai.
Diventa comune autonomo da Marciana nel 1884. Si costruiscono opere pubbliche di rilievo, come il porto, il Lungomare Regina Margherita e un nuovo edificio scolastico, attualmente sede del Comune, senza snaturarne l’impianto originario.


C’erano una volta… Gli antichi mestieri
Gli abitanti di Marciana Marina sono sempre stati una comunità autosufficiente che viveva in un modesto benessere, dedita soprattutto all’agricoltura. I Marinesi lavoravano nelle vigne di cui era ricca la valle e negli orti famigliari. Le viti scendevano, ordinate, dalle pendici dei monti fino al mare e circondavano il paese. Uno spettacolo che ricordava la fatica degli uomini che risaliva ai tempi più remoti ma anche il rapporto, sano e pieno di rispetto, con la natura. Non è difficile scorgere ancora andando per i sentieri i muretti a secco, dichiarati patrimonio dell’umanità, che occhieggiano dal folto della vegetazione.
Oltre ad essere abili costruttori per le necessità della vita contadina, intrecciavano cesti di castagno, ulivo, mirto e ginestra (un certo Conte di Campobagnolo ha portato per molti anni i suoi cesti in paese), attività insegnate anche nella locale Scuola di Avviamento al Lavoro. Successivamente partecipavano al rimboschimento finanziato dal Demanio e al mantenimento di strade e sentieri.
Erano gestite da sensali le vendite di vino, molto apprezzato (già Plinio il Vecchio chiamava l’Elba “L’isola dal vino buono”), trasportato sul continente, floridi i contatti con la Liguria, su imbarcazioni dedicate: i Leudi.
La pesca, era una attività importante per alcuni nuclei familiari arrivati dalle Isole mediterranee. Molti marinesi la praticavano per integrare con i prodotti del mare la dieta contadina. Spesso vi si dedicavano i figli più giovani del nucleo familiare, a quei tempi sempre molto numeroso. Il baratto tra pescatori e contadini è stato a lungo il metodo principale di scambio.
È esistita una tonnara, in località “il Bagno”, attiva fino gli anni ’50, e una “Fabbrica del pesce” che lavorava sarde e sardine di cui questo tratto di mare era ricchissimo.
I “mastri d’ascia” riparavano ma soprattutto costruivano i gozzi e le altre imbarcazioni, tutte in legno. Le imbarcazioni servivano sia per la pesca che come mezzo di trasporto per chi veniva soprattutto dalla Cala o dalla costa occidentale. Le strade erano sterrate e lunghe le distanze via terra.
I cantieri Segnini, sulla strada della Ripa, in fondo al porto, ne continuano la tradizione.
Marciana Marina vanta una grande tradizione marinara. Molti marinesi si sono distinti come comandanti e noti ammiragli.
Le feste
Diverse erano le occasioni di feste popolari, ognuna con una sua caratteristica.
L’Epifania era festeggiata con le Cantate della Befana: brigate di giovani andavano di casa in casa a cantare e suonare, sempre ringraziati con dolci e un buon bicchiere di vino.
A Carnevale ogni contrada ed anche i paesi vicini partecipavano a una sfilata di carri. Da Poggio scendeva sempre un carro particolarmente ricco e coreografico. I marinesi allestivano numerosi carri che rappresentavano scene di vita paesana.
San Giovanni, 24 giugno, era rallegrato da falò sulle spiagge, gare di nuoto e giochi da fiera ma anche da scherzi poco graditi: chiunque infatti rischiava di essere gettato a mare completamente vestito: “A San Giovanni bùttati in mare con tutti i panni”. Per tradizione questo giorno era l’inizio dell’estate, “Fino a
San Giovanni non puoi fare il bagno” dicevano le mamme. A proposito di bagni c’erano due proverbi, ormai dimenticati: “chi fa il bagno di settembre nella bara si distende” e “chi fa bagno d’ottobre con la bara va alla Tore”. Difficili da mettere in pratica con le stagioni ormai “ballerine”.
Santa Chiara, patrona di Marciana Marina (11 agosto commemorazione religiosa e processione e 12 agosto festa popolare con i famosi fuochi d’artificio), richiama visitatori da tutta l’isola. Era l’occasione per balli in piazza e giochi come il Palo insevato , la corsa degli asini e la corsa nei sacchi, gare di nuoto e di remi.
Spettacolari erano le feste della vendemmia: un vero e proprio rito. Finalmente, finita la fatica nelle vigne si festeggiava la raccolta. Si andava nelle cantine a “zampicare l’uva con i piedi” e poi si finiva tutti a tavola, come era uso dire “si ammazzava il pollo”, per una mangiata ed una bevuta insieme.


Il paese oggi

